«È il piano delle ‘buone intenzioni’, destinato a restare sulla carta come il precedente di cui ripropone gli errori. A cominciare dall’assenza di un budget e di un meccanismo di verifica efficace. La speranza è che il ministro Schillaci, che aveva chiesto esplicitamente risorse dedicate per la cronicità, solleciti i necessari correttivi prima di trasmettere il testo alle Regioni».
Il presidente di Salutequità Tonino Aceti tiene da sempre i riflettori accesi sulla cronicità e scorrere il documento anticipato dal Sole-24Ore e Sanità24 il 4 giugno non lo conforta.
Quali sono i gap principali?
Primo punto è l’assenza di fondi, a fronte di risorse dedicate per tutte le altre grandi progettualità, dal Piano oncologico al Piano malattie rare. Eppure l’Atto d’indirizzo del ministero della Salute sia per il 2023 che per il 2024 è chiaro: sull’emergenza cronicità bisogna investire. Questa bozza disattende l’indicazione chiara del ministro della Salute.
Poi?
Poi manca il necessario orizzonte temporale, che tutti i piani hanno: altro peccato originale insieme all’assenza di un cronoprogramma capace di dettare il ritmo degli adempimenti. In teoria gli obiettivi potrebbero essere raggiunti anche in cento anni.
Ma nel testo un sistema di monitoraggio è tratteggiato
Peccato che sia totalmente inefficace: come nel 2016 si ripropone lo schema del monitoraggio delle delibere formalmente adottate dalle giunte regionali, senza tempistiche. Inoltre, la verifica interessa solo i Pdta delle patologie incluse nel Piano: lasciare fuori tante altre malattie croniche preclude una visione di governance complessiva della cronicità. In ogni caso, il modello di monitoraggio attivato non dialoga con il sistema degli adempimenti ai fini dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza.
In che senso?
Andrebbero previsti indicatori ad hoc nel Nuovo sistema di garanzia, introducendo ad esempio l’attività di stratificazione della popolazione, la telemedicina e modelli di medicina di iniziativa. Inoltre i Pdta per patologia devono diventare indicatori ‘core’, decisivi ai fini della valutazione di una Regione.
Anche perché gestione appropriata della cronicità significa sostenibilità
Esatto. Ma anche su questo fronte, il nuovo piano riporta le lancette indietro di decenni presentando i pazienti cronici come un fardello, un costo e non come un valore. Una prospettiva da rovesciare: l’approccio corretto è investire in salute, anche e soprattutto per la cronicità.