In Italia si stima che siano più di 70.000 le persone con stomia, oltre 5 milioni quelle con problemi di incontinenza urinaria e quasi 2 milioni con incontinenza fecale. E nonostante alcuni aspetti dell’assistenza siano regolamentati in base ad un Accordo Stato-Regioni del 2018, questo risulta ancora inapplicato in quasi tutte le Regioni.
Pur rappresentando circa il 12% della popolazione italiana, ancora non esistono specifici registri nazionali.
I risultati sono illustrati nel “Report sul rispetto dei diritti delle persone incontinenti e stomizzate, compreso l’accesso ai servizi” di Salutequità, realizzato con il contributo non condizionato di Coloplast.
“Dopo quasi due anni di pandemia, all’interno del Servizio Sanitario Nazionale c’è un gran bisogno di rimettere al centro l’umanizzazione dell’assistenza, intesa da una parte come la necessità primaria di riprendere immediatamente a curare tutte le persone senza più alcuna interruzione, dall’altra come fondamentale impegno nel garantire modalità di acquisto dei presidi rispettose del diritto alla personalizzazione dell’assistenza – ha dichiarato Tonino Aceti, Presidente di Salutequità – capaci di assicurare inclusione sociale e il più alto livello di salute, da intendersi, come ci ricorda l’OMS, come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”
“Quando la personalizzazione non viene garantita o si riduce la possibilità di scegliere il dispositivo più adatto alla singola persona – spiega il Presidente Fais Pier Raffaele Spena – si verifica un’alta incidenza di complicanze cutanee che può determinare, oltre al disagio fisico e psichico, anche la necessità di utilizzo di medicazioni avanzate”.
“Questi trattamenti – aggiunge – hanno un costo elevato che è valutabile in un range compreso tra 5 e 25 euro per ogni medicazione giornaliera, da ripetere per un periodo prolungato (da 6 a oltre 30 settimane). I costi ovviamente sono notevolmente incrementati laddove si renda necessaria l’ospedalizzazione (oltre 500 euro al giorno). Tutto ciò a fronte di una spesa giornaliera di dispositivi medici che, a seconda del tipo di prodotto, varia da 2 a 10 euro”.